Mattel e Burger King impegnati socialmente

La comunicazione ‘purpose driven’ (o comunicazione che fa bene) viene spesso associata al ‘cause related marketing‘ (marketing associato a una causa), eppure non sono esattamente la stessa cosa. La prima (purpose driven communication – PDC) ha come obiettivo di porre l’attenzione su un tema di rilevanza sociale o/e ambientale, dalla prospettiva del brand (la marca come attore sociale, interprete di istanze e valori di cui è ‘portatore sano’); la seconda (CRM) ha come obiettivo quello di concorrere alla causa di un operatore sociale (di solito un ONG, un’associazione benefica etc.) di cui percepisce il valore, ma che non necessariamente costituisce il suo DNA – tanto che spesso le cause e gli organismi cambiano di anno in anno.
Quello a cui stiamo assistendo oggi è l’avvento del “cause related marketing 2.0“, in cui la causa sostenuta dalla azienda non è necessariamente quella di un ente di beneficenza, ONG, Associazione… bensì una tematica sociale o ambientale fortemente legata alla strategia di marketing aziendale.
Burger King e Barbie : esempi di Cause related marketing 2.0
Prendiamo ad esempio l’hackvertising, una strategia del pluripremiato Direttore Marketing Fernando Machado, che ha lanciato alcune delle campagne più interessanti degli ultimi anni, tra cui Dove’s Real Beauty sketches
Fernando Machado definisce Hackvertising lo strumento grazie al quale, come gli Hackers individuano il loro target (un sistema da hackerare), lo studiano, trovano una breccia per ‘romperlo’ e poi procedono all’attacco, così i brand possono penetrare uno specifico spirito del tempo per diventare parte della cultura popolare e ottenre grandi risultati.
brands can hack into a specific zeitgeist to become a part of pop culture and deliver great results.
Ad esempio, in “Net neutrality” Burger King ha svolto il ruolo di “hacker” su un argomento di interesse pubblico (la presunta neutralità del web) creando consapevolezza presso i cittadini e sollevando l’attenzione dell’opinione pubblica su un problema che minacciava di essere oscurato. Con questo progetto, Burger King dimostra che i marchi, grazie alla loro voce, alla loro capacità di essere ascoltati, possono indirizzare lo sguardo dei cittadini verso questioni attuali urgenti rivestendo un ruolo di ‘sentinella del popolo’.
Prendiamo ora ad esempio la recente strategia di Barbie che, secondo Alaina Crystal di AMV BBDO, ha le sue radici nelle parole di Ruth Hander, creatrice di Barbie :
“the little girl could be anything she wanted to be”.
A partire da questo ‘purpose’ così contemporaneo, e forse un po’ dimenticato, nel 2016 Mattel ha trasformato le ‘misure’ di Barbie in risposta alle acerrime critiche di un modello ideale ampiamente superato; sempre nel 2016 ha comunicato un messaggio positivo di empowerment delle ragazze con la campagna “Imagine the possbilities” e nel 2017 con il sequel “dads who plays Barbie” ha rotto i pregiudizi dei papà che non giocano con le bambole.
Comunicazione che fa bene o deviazione dell’attenzione?
Per le aziende comunicare i propri valori attraverso campagne ‘purposeful’ è una grossa opportunità, ma anche una grande sfida, in un clima di sfiducia, in cui 6 consumatori su 10 non si fidano di un marchio finché non hanno visto prova concreta che l’azienda ha mantenuto le proprie promesse.
E così, campagne come Net Neutrality o Imagine the possibilities possono essere giudicate dai consumatori come un tentativo di “attention deflection“, ossia un tentativo di focalizzare l’attenzione su una tematica sociale nel tentativo di distrarre i consumatori dalla assente/scarsa responsabilità su altri temi.
E allora viene da chiedersi come Mattel si stia responsabilizzando verso i fornitori, per combattere le condizioni di lavoro inadeguate nelle fabbriche cinesi e lottare contro l’utilizzo di prodotti tossici.
Ugualmente, se guardiamo ai ristoranti fast food, l’impatto sull’ambiente del processo di produzione, consegna, cottura e confezionamento degli alimenti è enorme e secondo alcune fonti citate dal Guardian il mangime per animali di Burger King proviene da terre deforestate in Brasile e Bolivia. Secondo il report realizzato da Mighty Earth le aziende fast food non stanno facendo abbastanza per prevenire la deforestazione nelle aree in cui operano e non offrono incentivi finanziari che stimolino il processo di cambiamento.
Anche se è apprezzabile lo sforzo di Mattel e Burger King verso l’identificazione di un consumatore più consapevole, mi rendo conto che esiste un potenziale pericolo nell’eccessiva semplificazione – al limite banalizzazione – di ’cause’ complesse (come l’emancipazione delle bambine o l’ingerenza nell’informazione di Big players) che sono supportate dalle aziende a fini commerciali (vendere più hamburger per esempio).
Il tema è anche di auto-reponsabilizzazione: se non iniziamo ad informarci al di là di ciò che le aziende vogliono mostrarci, non saremo in grado, come consumatori e cittadini consapevoli, di esigere un atteggiamento più responsabile nei confronti del nostro pianeta. L’unico modo per spingere le aziende a cambiare è agire (anche attraverso una scelta di consumo consapevole) informandoci sulle loro strategie di sostenibilità.
Le aziende da cui desideriamo comprare fanno davvero cio’ che dicono?
Altrimenti, è ora di cambiare discorso.
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